New York, 7 agosto 1974. Un uomo cammina lungo un cavo d’acciaio che unisce le torri del World Trade Center. Lo separano dal suolo ben centodieci piani. Ha in mano un bilanciere che gli permette di mantenersi in equilibrio mentre percorre quel viaggio in mezzo al cielo, un puntino nero che si destreggia tra le nuvole e il vento. E’ Philippe Petit, il famoso funambolo francese che ha tenuto con il naso all’insù decine e decine di newyorkesi. Intanto, sulla terra ferma, si susseguono – e spesso si compenetrano – le storie di chi cerca di tenersi aggrappato a un filo, di chi decide di cadere e di chi spera di poterci restare in bilico per sempre. Corrigan, trentenne irlandese approdato nel Bronx, si dedica giorno e notte alla fede e alla preghiera, aiuta gli anziani e porta caffè e conforto alle prostitute che lavorano nel suo quartiere. È una specie di missionario che ha trovato il suo Terzo Mondo nella città di New York. Tra le prostitute conosciute ci sono Tillie e Jazzlyn, rispettivamente madre e figlia afroamericane, che per vivere battono le strade degradate della Grande Mela in costumi fosforescenti e tacchi a spillo argentati. Le loro giornate sono fatte di camionisti, eroina e spesso anche di arresti da parte della polizia. Intanto, nell’Upper East Side, un gruppo di madri condivide lo stesso lacerante dolore: la perdita del proprio figlio in Vietnam. Non sono vere amiche, hanno semplicemente risposto a un annuncio sul giornale, decidendo di organizzare degli incontri per conoscersi meglio e per ricordare i giovani ragazzi morti tra le armi. Quel giorno di agosto, è Claire Soderberg ad ospitare le altre donne e, in un misto di vergogna per la classe sociale e per un appartamento lussuoso nei minimi dettagli, a mostrare la stanza del figlio deceduto in guerra, mentre si svolge una delle scene di finto perbenismo americano tra tazze di tè e pasticcini. Intanto, il marito di Claire, giudice di nefandezze quotidiane, si appresta a giudicare proprio quel Philippe Petit, che aveva così tanto impressionato per il suo spettacolo nel cielo…
La storia realmente accaduta del coraggioso equilibrista fa da sfondo alle vicende metropolitane inventate dall’autore, come un filo invisibile che intreccia vite cariche di realismo e drammaticità. La voce di ogni personaggio è delineata magistralmente, i dialoghi sono veloci e d’impatto in un momento, più intimisti e commoventi in quello successivo. Tutti i protagonisti dei quattro libri in cui è suddiviso il romanzo sono legati dalla stessa città, dalla violenza, dai cambiamenti che portarono gli anni Settanta negli Stati Uniti, da quel giorno fatale che vide una creatura in cima a un cavo, simbolo della libertà più assoluta, e altre ancorate al suolo in mezzo alla miseria più deprimente. Il romanzo di Colum McCann ha vinto meritatamente l’ultimo National Book Award, e pare che J.J. Abrams voglia trasformarlo in un’opera cinematografica. Il titolo originale del libro racchiude l’essenza e il significato di questa eccellente storia corale: Let the Great World Spin, lascia che il grande mondo continui a vorticare.
Questo bacio vada al mondo intero, Colum McCann, Rizzoli, 2010