“Di cosa avete più paura? Dell’immigrazione, della criminalità, della disoccupazione, dell’isolamento o della scienza e delle sue tante incognite?” E’ così che Lilli Gruber ha iniziato la puntata di ieri sera di Otto e mezzo, dal titolo “La fabbrica della paura”. Tra gli ospiti il ministro della Difesa Ignazio La Russa, il genetista del San Raffaele di Milano Edoardo Boncinelli, che ha illustrato le risposte della scienza alla paura, e la docente dell’Università Bocconi Annamaria Testa, che ha spiegato come la paura sia usata nella comunicazione. Un bel mix di politica e pubblicità. Ma è proprio sulle parole della Testa che voglio soffermarmi. “La pubblicità lavora su elementi dotati di un supporto, non è impostata sul vuoto”. Ci deve essere qualcosa di realmente percepibile, insomma. E parlando di grandi prospettive e di futuro, ecco che è più facile utilizzare la paura per ottenere il massimo rendimento. In fondo, la paura è un “fattore di procreazione assistita” e certi danni cerebrali, come quelli causati dalla droghe, azzerano la percezione della stessa. Discorso giustissimo e argomentato nel migliore dei modi. Da Annamaria Testa ovviamente, non da La Russa, che tentava di sviare con battute di quart’ordine le precisazioni della comunicatrice (permettetemi questo appellativo per la docente che si occupa di comunicazione a 360°) e della Gruber.
Ma perchè non si è parlato della paura della morte, a parte qualche piccolo accenno? Sarà che è la mia paura più grande, forse per eccessiva razionalità che mi costringe a tenere sempre tutto sotto controllo, ma credo che attualmente sia davvero un problema sociale. Nel senso che, paradossalmente, ci sono molti più modi e, soprattutto, facili e veloci, per andare “tranquillamente” nell’al di là. Un tempo si moriva per una banalissima febbre, ora basta una pastiglia e passa tutto. Ma basta una pastiglia anche per terminare il breve viaggio in questo mondo. Perchè ieri nessuno ha detto che non si ha più la paura di morire? Perchè la morte è vista, ormai, come qualcosa di lontano da noi, una cosa per vecchi. E non mi riferisco solo alle droghe, ma anche alle auto che hanno la possibilità di superare i 200 km/orari, agli insani modelli di bellezza proposti da tv, riviste e passerelle, alle armi tenute in casa semplicemente dentro un cassetto, come se fossero oggetti come gli altri. Non si riesce più a comprendere cosa significhi morire, ma a questo punto mi viene da pensare che non si comprenda neanche più cosa significhi vivere. Sono due facce della stessa medaglia, ne sono consapevole. La morte fa parte della vita. E proprio per questo dovrebbe avare la giusta considerazione. Si pensa a non invecchiare, tra cure, aiuti estetici, lifting, trapianti di capelli, ma poi non si pensa ad evitare quello che potrebbe anche togliere tutte queste “inutili” accortezze.
E’ un ragionamento distorto? Non credo. Ma se dovesse bussare l’uomo della favola che “non-devo-avere-paura-che-tutto-va- bene-e-che-non-mi-succederà-mai-niente-di-male”, io saprò cosa fare. Non aprire.
Hanno innescato un clima, un clima di paura che faceva loro comodo. E, come chi sa chi lavora nelle previsioni atmosferiche, le variabili sono enormi. Quando si innesca artificialmente un clima chissà dove si va poi a finire.
tutti hanno paura di morire le religioni “vendono” vita eterna da 3000 anni mica per nulla 😀 …non me ne preoccupo più di tanto, mi farebbe piacere però se si approvasse subito una legge per l’eutanasia in modo da poter scegliere autonomamente quando andarsene…basta fare un giro in qualsiasi reparto oncologico per capire quanta sofferenza possano causare leggi “medioevali” come le nostre…
@Alberto: forse non ci resta che sperare in quel famoso “buco nero”…
@Mattomatte: l’eutanasia è un altro discorso. Se una persona è gravemente malata o se, dopo anni di cure non vede risultati, ma solo peggioramenti, allora sì che sarebbe auspicabile una legge che ponesse fine a queste “torture” fisiche e psicologiche. In altri casi diventerebbe suicidio, che, pur non giustificandolo, lo accetto ugualmente. Ognuno dovrebbe avere la possibilità di fare quello che vuole della propria vita, ma sempre tenendo a mente i rischi. E’ questo che, ormai, si è tralasciato: la consapevolezza delle conseguenze.
Io aggiungerei che sempre meno si ha paura di “dare la morte” e non mi riferisco alla’eutanasia che è un altro discorso. Ai ragazzini manca totalmente il valore della vita, come se credessro che la morte di qualcuno è solo avanzare di step nella palystation della vita. Non si sono mai sentiti tanti atti contro la vita perpretatti da minori come in questi anni. Ragazzi che girano col coltello come io giravo col chupa-chups.
Anna Maria Testa è una ocmunicatrice che non amo, ma lo è e sa che la pubblicità scatena ansie per permettere al prodotto di placarle. Hai una macchia di un erba velenosa sulla camicia da 500 eu…no problem Smacchiolin te la leva. perfino il suo slogan piu famoso “O così O pomì” scatenava una paura, la paura di avere a che fare con un pomodoro vero, intero, duro, quando pomì te lo da bello che passato.
Dovrebbe funzionare così anche con la politica, ma i politici sono dei pessimi comunicatori anocr prima di essere pessimi politici.
E la paura che ti inculcano attraverso il Catechismo della Chiesa Cattolica in tenera età dove la metti… quella paura lì non conta?