5 aprile 2018
Libri

La misura eroica – Andrea Marcolongo

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«Non vale ciò che diceva Proust, non c’è alcun tempo perduto quando si viaggia. È invece un tempo ritrovato, perché siamo tenuti a scoprire ogni giorno quello che siamo, non quello che eravamo né quello che saremo».

Quando ho letto La misura eroica, pubblicato da Mondadori, ho avuto l’impressione che Andrea Marcolongo mi mettesse in mano il biglietto per fare un viaggio nel passato, con tante tappe nel presente e una con vista dall’alto sul futuro. Questo è un libro sul viaggio che prima o poi tutti dobbiamo affrontare, sul percorso che intraprendiamo per raggiungere l’età adulta, fino a quando non capiamo qualcosa in più di noi stessi. L’autrice narra questo passaggio fondamentale nella vita di ognuno attraverso momenti che hanno segnato la sua esistenza, intrecciandoli con uno dei miti greci più belli: quello degli Argonauti. Perché proprio questo mito? «Perché è uno dei più antichi della letteratura greca: a un certo punto si è sentito il bisogno di raccontare il primo viaggio in nave non per fare la guerra, ma per raggiungere l’amore. I protagonisti non sono grandi eroi, sono dei giovani alla ricerca del vello d’oro che al di là del mare hanno trovato l’età adulta e scoperto il sentimento più importante per l’essere umano». È così che Andrea Marcolongo ci permette di fare un ripassone delle Argonautiche di Apollonio Rodio, introducendo ogni capitolo con alcuni passaggi tratti dal libro How to abandon ship, un manuale di istruzioni in lingua inglese del 1942, un vero e proprio prontuario sulla difficile arte di sopravvivere ai naufragi durante la Seconda guerra mondiale. Non è un manuale di fuga, «ma un compendio di strategie per resistere e superare i naufragi della vita».

Ci sono due cose che mi sono piaciute di più nel nuovo libro di Andrea Marcolongo: rileggere le peripezie di Giasone, che per la prima volta deve abbandonare casa per affrontare l’ignoto, e l’attenzione posta sulle parole, sul loro utilizzo, sulla loro importanza. Per quanto riguarda il primo aspetto, ho capito che riprendere in mano i miti greci in età adulta assume tutto un altro significato. Ci si lascia trasportare un po’ meno dalla fantasia e ci si concentra di più sull’interpretazione delle storie, sulle caratteristiche dei personaggi, sui motivi che spingono ogni uomo a compiere una determinata azione. Lasciare la propria terra e i propri affetti è una storia universale, si prova a vedere cosa c’è al di là di ciò che abbiamo imparato a conoscere bene per curiosità e fascino dell’ignoto. A volte i nostri viaggi seguono binari e rotte, altre volte si muovono tra le vie del cuore, con tutti gli incroci, le scorciatoie e le strade chiuse che possiamo trovare. Ciascuno di noi ha vissuto più di un naufragio, siamo andati sempre più giù senza vedere la luce, senza più avere le forze per riemergere. Alla fine ce l’abbiamo fatta, abbiamo accettato il cambiamento e ci siamo rimessi su una nuova linea di partenza. Pensavo che la maturità si raggiungesse appunto con il superamento di una prova, invece il suo vero senso «è tutto racchiuso nel saper compiere da soli quel percorso che ci porterà a essere pienamente pronti alla vita che verrà. […] Maturità non è quindi né presente né futuro: è il viaggio compreso tra queste due dimensioni del tempo». Ho tirato un sospiro di sollievo quando mi sono resa conto che essere maturi non è mai il punto di arrivo, perché si continua a maturare con gli anni, in una ricerca costante e ciclica. Sono cose che sappiamo già, è vero, ma se qualcuno ce lo dice senza dare giudizi, ritroviamo tutto l’interesse a soffermarci sul nostro percorso esistenziale. Dopo aver letto questo libro e fatto una piacevole chiacchierata con Andrea allo Spazio Vigoni, mi sono fermata a riflettere su tanti momenti della mia vita che non saranno stati come le fatiche vissute dagli Argonauti, ma ci sono andati molto vicino.

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Andrea Marcolongo durante l’incontro allo Spazio Vigoni

Per raccontare La misura eroica Andrea Marcolongo ha usato le parole giuste, quelle stesse parole che stiamo perdendo o che usiamo lo stretto necessario: «Abbiamo paura delle parole perché ci mettono di fronte alla realtà: le parole non nascondono. Stiamo imponendo un confine al nostro linguaggio, quando invece dovremmo solo imparare a trovare le nostre parole giuste per comunicare e affrontare il mondo. Con i miei libri non ho come obiettivo quello di salvare le parole, ma di dedicarmi a una ricerca per svelarci attraverso le parole. Ad esempio, mi capita ancora di risalire all’etimologia delle parole per capire meglio qualcosa e dare un senso alla vita».

Mai come in questo periodo storico, la sfida più grande è appropriarsi nuovamente delle parole che ci permettono di dire chi siamo e cosa proviamo. Forse dobbiamo superare noi stessi, trovare una guida capace di starci accanto, porci delle domande nel modo più onesto possibile e provare a darci delle delle risposte altrettanto oneste, senza pensare ai risultati o ai fallimenti, ma solo al coraggio che abbiamo avuto a intraprendere questo viaggio verso l’ignoto che ci fa misurare con qualcosa di più grande e che un giorno ci permetterà di sentirci dei grandi eroi.

 

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