Basta pochissimo per rompere un equilibrio. Una gita scolastica, una nevicata improvvisa, una pallina che rotola sull’asfalto, un’auto che travolge due bambine. Emma e Bianca, gemelle identiche nell’aspetto, ma non nel carattere, hanno vissuto insieme per otto anni, hanno giocato e imparato a rendere più forte il loro legame fino al giorno dell’incidente che ha lasciato Emma con una gamba zoppicante e Bianca in un coma profondo. Nel romanzo di Stefano Corbetta, Sonno bianco, pubblicato da Hacca edizioni, assistiamo allo sgretolamento fisico e psicologico di una famiglia: Valeria, la madre delle due bambine, non riesce ad accettare il trauma e, invece di trovare conforto in Emma, si chiude sempre di più nel ricordo di Bianca, forse la “figlia preferita” perché più vivace ed estroversa; Enrico, nel ruolo di padre dai sentimenti ancora forti, ma dal polso debole, si lascia andare ad anni di litigi con una moglie sempre più lontana e incomprensioni con una figlia che, ormai adolescente, cerca di prendere la propria strada; Emma, che vorrebbe crescere e trovare un posto nel mondo, non è ancora capace di essere se stessa, sente di poter esistere solo se al suo fianco c’è Bianca, non importa se in un letto di ospedale; Bianca, che a diciassette anni vive un sonno senza tregua, vede la vita con gli occhi aperti senza essere consapevole di ciò che le sta accadendo intorno.
La famiglia dovrebbe rappresentare un posto sicuro, un nido nel quale rifugiarsi e sentirsi protetti, invece qui è solo un covo di tensione, abbrutimento, bugie. Solo Emma prova a rendere se stessa migliore cercando di liberarsi dal senso di colpa – la pallina era sua, l’ha fatta cadere lei, Bianca ha solo tentato di proteggerla – e decidendo di studiare assiduamente recitazione. Il suo lavoro da baby-sitter la porta a conoscere Léon, l’insegnante di pianoforte che dà lezioni al bambino dei vicini: è qui che entra in scena un altro elemento di rottura degli equilibri, è qui che Emma inizia a maturare il pensiero dell’accettazione, soprattutto quella di non continuare a essere l’ombra della sua gemella. Emma scopre il fascino della musica classica, nonché il potere curativo delle note, che colmano i vuoti e azzerano i silenzi, e che possono avere effetti benefici sul cervello di pazienti con gravi danni cerebrali. Forse è arrivato il momento di mandare via i fantasmi del passato e pensare a un nuovo risveglio.
Stefano Corbetta ha scritto un romanzo potente, ha messo in piedi una storia che lascia il segno, proprio come l’ha lasciato nei suoi protagonisti. Le scene nelle quali Emma va a trovare la sorella in ospedale, le parla, le sposta i capelli dal viso, le fa una carezza, sperando di ricevere almeno un movimento impercettibile, sono piene di tenerezza e sofferenza, ma sempre autentiche. Corbetta, infatti, ha condotto ricerche approfondite frequentando l’Istituto Palazzolo di Milano, leggendo le cartelle cliniche e parlando con la neurologa che gli ha dato accesso alle informazioni. È un libro che, oltre alla relazione tra gemelli (il tema del doppio), indaga a fondo sui rapporti familiari e sulle assenze che paradossalmente pesano come macigni. La copertina di Maurizio Ceccato, carica di significati, permette di entrare subito in questo sonno bianco: la sedia rovesciata così uguale alle altre, ma anche così diversa, rappresenta tutto il dolore che può nascere da una distanza. Non importa quanto minima possa essere, il vuoto creato sarà sempre difficile da riempire, se non con lacrime e illusioni.
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Distanze, sono sempre distanze e silenzi. Vorrei avvicinarmi al tuo, di silenzio. Vorrei che tu mi vedessi, almeno una volta. Dobbiamo perdere tutto per vedere davvero.