Il tempo che passa tra l’uscita di un nuovo libro di Peter Cameron e la sua lettura è quasi pari a zero. Con me funziona così: metto da parte tutto, romanzi, giornali, pranzi e merende per dedicarmi solo alle storie di questo scrittore americano che mi ha conquistato anni fa con Un giorno questo dolore ti sarà utile. Adesso è in libreria con Gli inconvenienti della vita, sempre pubblicato da Adelphi, un libricino piccolo di 122 pagine che con il pensiero può benissimo oltrepassare le 500. Si tratta di due racconti molto diversi tra loro, con contesti e protagonisti che non hanno nulla in comune, se non quel moto di irrequietezza che compare a causa di un cambiamento.
Nella prima storia, intitolata La fine della mia vita a New York, ci troviamo in un appartamento a Tribeca con una coppia in crisi: Theo, uno scrittore che ha perso la vena artistica a seguito di un incidente, e Stefano, l’avvocato in carriera che intuisce il malessere del suo compagno, senza però riuscire a farsi carico della sofferenza e della lenta distruzione del loro rapporto. Come si esce da una situazione che sta logorando un amore? Cambiando, prendendo coscienza del punto di rottura e forse di non ritorno, per poi arrivare a una conclusione che porti i protagonisti a vivere nuovamente un’esistenza meno faticosa. Attenzione, non significa raggiungere a tutti i costi il lieto fine, ma superare in qualche modo un ostacolo che sta minando il percorso dei singoli e quindi anche della coppia.
Nel secondo racconto, Dopo l’inondazione, assistiamo a un atto di gentilezza non del tutto spontaneo di una coppia ormai in là con gli anni che – spinti dal reverendo Judy e dalla morale cattolica – ospita per un certo periodo una famiglia di sfollati sopravvissuti a un’inondazione. Inizia qui una nuova fase per i due protagonisti, abituati ormai a non condividere più nulla se non il momento della messa domenicale. Non parlano, non escono, non colmano i silenzi e i vuoti della loro esistenza. Siamo di fronte a un matrimonio in crisi da tempo, ma è bastato un piccolo espediente, una novità a smuovere il terreno, per riversare tutti i problemi e le incomprensioni che si sono accumulate negli anni. La moglie arriva a pensare che «In un matrimonio, o quantomeno in un matrimonio lungo come il nostro, ci si dovrebbe comprendere, ci si dovrebbe seguire l’un l’altro per vie sotterranee preistoriche e primarie, ma ovviamente non ci si comprende. Conoscere l’altro sempre meglio, a un certo punto, significa conoscerlo sempre meno».
Ci vuole un cambiamento, qualcosa che possa ridare senso alla loro vita. O almeno alla sua.
Questi due racconti brevi sono fatti per riflettere sulla nostra condizione di esseri umani intrappolati in vite che a volte rasentano il disagio, sulle relazioni che si lasciano trascinare dal malessere e dalla depressione, “disperatamente aggrappate all’esistente”. Cameron è un maestro nel mettere in piedi questi inconvenienti, che in realtà sono dei drammi da affrontare e superare solo con l’aiuto di una buona e costante terapia. I dialoghi, le scene, i dettagli, pochi ma sempre posizionati nella frase giusta, continueranno a venire a galla, e saremo noi stessi – ripensandoci più e più volte – ad aumentare la mole di un libro in cui tutti potremmo essere i protagonisti con le nostre solitudini, incomprensioni, cambiamenti e con quelli che ci ostiniamo a chiamare inconvenienti.
***