Ho iniziato a leggere Marie aspetta Marie di Madeleine Bourdouxhe con curiosità e sospetto. Curiosità per la storia di una donna che cerca di comprendere la propria femminilità e sospetto per il modo in cui cerca di farlo. Marie è una trentenne sposata con Jean, l’uomo che ama e con il quale va in vacanza in Costa Azzurra. Qui incontra un giovane che con un solo sguardo e un biglietto con il numero di telefono risveglia in lei la vitalità di un tempo. Marie userà quel biglietto, chiamerà quel numero e incontrerà quel ragazzo. Da qui inizia una storia tutta nuova, fatta di cambiamenti, riflessioni, decisioni che portano Marie ad aspettare Marie, fino al momento in cui prevale il coraggio di fare i conti con la parte più intima e vera dell’animo umano. Il romanzo, pubblicato da Adelphi, è ambientato negli anni Trenta, periodo in cui le donne erano abituate alle convenzioni di un’epoca, dovevano essere spose premurose e attente, dedicarsi ai lavori domestici, partecipare alle cene mondane, desiderare di mettere al mondo un figlio. Marie non nega tutto questo, non si affaccia al mondo con superiorità e sfrontatezza, ma arriva a comprendere quanto una donna possa essere anche altro, prima di tutto se stessa, non un simbolo o uno schema predefinito. Il tradimento, nonostante sia stato fatto con desiderio e consapevolezza, è solo il mezzo per raggiungere l’obiettivo, che non è neanche ricevere l’amore di un altro uomo, ma imparare a ricevere amore da se stessa.
Madeleine Bourdouxhe ha saputo esprimere un sentimento fortissimo: la voglia di libertà, trovata (o ritrovata) senza mettere in piedi tragedie, sensi di colpa, lacrime. Tutto è andato come doveva andare, la protagonista ha continuato a vivere giorno dopo giorno allentando il senso di dipendenza dal marito e dalle solite abitudini. Ho trovato incredibile la capacità di Marie di sentirsi autonoma e indipendente: lasciarsi andare a lunghe passeggiate, cenare da sola al ristorante, trascorrere del tempo nei bistrot a bere caffè e a osservare i passanti, prendere le distanze da una sorella vittima di numerosi cliché e debolezze, che emergono nell’attaccamento morboso e nella depressione che si fa strada fino a raggiungere il culmine. Ogni protagonista ha un ruolo ben preciso, ma la Bourdouxhe, con una scrittura pacata, elegante e curata in ogni frase, fa emergere la psicologia dei personaggi, ribaltando ogni situazione e lasciando spazio al tipico esistenzialismo francese. Marie si presenta all’appuntamento con se stessa, sentendosi finalmente realizzata come donna, non come moglie o futura madre. Vive il presente, accennando al passato e facendo i conti con un futuro che la vede al centro della propria vita. In questo percorso, Parigi è lo sfondo ideale per affermare questa identità: una città in pieno fermento a tutte le ore del giorno, una piccolo specchio nel quale guardarsi, sorridere e assaporare tutte le emozioni che è in grado di suscitare.
Questo romanzo è stato pubblicato per la prima volta nel 1943 a Bruxelles e ha messo in luce l’emancipazione mentale e fisica di una donna, la possibilità di avere fiducia nelle proprie azioni, liberandosi dalle catene della società. È un romanzo attuale, perché attuali sono le tematiche. Leggendo qualche notizia sulla vita di Madeleine Bourdouxhe, si scopre che ha iniziato a studiare da piccola i poeti francesi e i filosofi, si è avvicinata alla letteratura americana e, durante l’università, si è lasciata ispirare da Nietzsche, Gide e Apollinaire, sottraendosi a qualsiasi tipo di autorità. Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, la scrittrice ha svolto una parte attiva nella Resistenza, nascondendo rifugiati ebrei e piloti inglesi, formando così quella coscienza politica che non l’abbandonerà mai. Il viaggio di Marie non poteva che essere raccontato da una donna che ha saputo allontanare ogni tipo di sottomissione e vivere con coraggio un presente pieno di difficoltà.
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Si sposta dall’altro lato del letto, ritrova quel posto freddo – il suo posto. Affonda nel guanciale il viso bagnato di lacrime. E rimane così, con quel giovane desiderio animale intatto.
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Nessuno la guarda, nessuno si occupa di lei, è felice. Nella città piena di movimento, con tutto il frastuono di Parigi intorno a sé, si sente sola, meravigliosamente sola.
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La notte era bella, c’era gioia nella notte, e loro andavano verso quella gioia.
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Chi vive più di un amore vive anche più di una lacerazione.
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Era suo marito. Da lui non si aspettava più né gioie né pene d’amore. Ma lo amava di un affetto che non escludeva la carne: desiderava che fosse felice moralmente ma anche nel corpo.