«Ma come hai iniziato a correre?». Ormai è la domanda che mi sento rivolgere più spesso, ha addirittura superato «Davvero non bevi birra?» e «Sei allergica al pomodoro, quindi non puoi mangiare la pizza?». Per le domande due e tre vorrei precisare ancora una volta che no, non bevo birra, la birra mi fa schifo (ma apprezzo mojito e moscow mule), e che la pizza posso mangiarla ugualmente, senza pomodoro, ma tanto non la mangio quasi mai perché se devo ingerire 800 calorie, allora preferisco che siano quelle contenute nei dolci di California Bakery. Detto ciò, torniamo alla domanda numero uno. Sono un po’ di mesi che gli amici dell’internet mi vedono pubblicare sui social network dettagli di allenamenti, outfit da runner, foto di gare, tutto accompagnato dagli hashtag #cityrunners e #adidas. E sono in tanti a chiedersi se sia impazzita e a chiedermi come faccia ad alzarmi alle 6.15 di mattina per andare a correre (perché sotto sotto vogliono provarci anche loro). Chi sono questi cityrunners? Cosa c’entra adidas? Adesso è giunto il momento di raccontare tutto, di descrivere come sia cambiato il mio rapporto con il running durante questi anni, di dare qualche consiglio – cose semplici e fattibili, tranquilli – e di tenervi compagnia con le emozioni che solo 10 km di corsa sanno regalare.
Tutto è iniziato nel 2011, quando mi sono resa conto che a causa del lavoro era impossibile iscriversi in palestra, frequentandola con quella costanza necessaria e che fa davvero la differenza quando si tratta di sport. Però per una che ha sempre fatto attività fisica, dalla pallavolo, ai corsi di aerobica-step-pump-gag-fit boxe-caloria killer, fino ad arrivare ai corsi di danza contemporanea e hip hop, dei quali preferirei non scendere nei dettagli, l’arrivo della primavera ha messo in moto una serie di pensieri che ora vi elencherò:
1. Faccio una vita solo casa-lavoro e lavoro-casa, ho bisogno di sfogarmi prima di commettere un omicidio ed essere intervistata da Studio Aperto con tanto di servizio con le mie foto su facebook. Foto in cui sono un cesso.
2. Cazzo, è già aprile, tra poco shorts, magliette a maniche corte e vestitini. E un fisico di merda.
3. Stare seduta davanti al pc dieci ore al giorno, facendo solo ed esclusivamente SEO, mi ha fatto uscire la cellulite. La prossima volta mi scelgo un lavoro che mi permetta di bruciare almeno 450 calorie al giorno.
4. La pillola mi sta distruggendo, mi sento gonfia, sono gonfia, il mio corpo è composto per il 90% da ritenzione idrica.
5. Le giornate si sono allungate, dopo il lavoro mi piacerebbe stare all’aria aperta, ma non a bere spritz in via Farini con i fighetti di Parma.
6. Voglio continuare a mangiare il dolce al ristorante. Sempre. Anche dopo cinque pezzi di gnocco fritto con il culatello e il tris di primi (che a Parma significa tortelli ripieni di qualsiasi cosa commestibile sulla faccia della Terra e una colata lavica di burro e parmigiano).
Insomma, che si fa? Uh, guarda, c’è un parco bellissimo dietro casa. La mitica Cittadella, nota per essere un parco meraviglioso, a due piani, con i bastioni e i campi da calcio, le altalene adatte anche ai più grandi, le panchine all’ombra e le colonie di zanzare tigre da maggio a novembre. Così ho deciso di mettere scarpe da ginnastica, maglietta e pantaloncini, e provare a correre dopo aver ottimizzato l’ennesima pagina di un sito. Era l’unica soluzione. Lo sport che puoi praticare quando vuoi e quanto vuoi, senza spendere soldi e, soprattutto, che ti permette di stare in completa solitudine.
Il primo allenamento fu uno scempio, roba che ancora adesso mi viene da ridere. Otto minuti. OTTO MINUTI DI CORSA. Avevo il fiatone, il dolore alla milza, i capelli da pazza e i vecchi che mi guardavano con compassione. Tornai a casa quasi con le lacrime agli occhi: come ho potuto ridurmi così? Anni e anni di sport, e guarda cosa è successo per un periodo di stop. Ma la performance deludente non mi ha impedito di proseguire con il mio obiettivo. Ho iniziato ad allenarmi due-tre volte a settimana, e a ogni sessione di corsa vedevo aumentare la resistenza. Sono passata dagli otto minuti ai dieci, poi dodici, fino ad arrivare a trenta senza troppi suicidi da parte degli organi interni e con i capelli perfettamente in ordine. Voi dovete provare a vivere questa sensazione di miglioramento e vittoria. Seriamente. Non bisogna avere fretta, evitate di strafare i primi giorni, perché tanto la cellulite è ancora lì che vi guarda con aria di sfida e il fiato corto si prende beffa di voi. Provate a sentire il vostro corpo, assecondatelo se non ce la fa più, sfiorate i quattro chilometri, se siete certi di potercela fare. Vi assicuro che i risultati si vedono dopo poco tempo, sia per quanto riguarda la resistenza, sia per gli effetti benefici sul corpo. Quello che ho imparato è che essere costanti aiuta, anche solo per migliorare la performance di trenta secondi e tornare a casa carichi per la prossima uscita. Tutto questo per dirvi che ho iniziato a correre per motivi semplici e banali, per staccare dal lavoro e dai tormenti quotidiani, per rimettermi un po’ in forma, per ritagliarmi una mezz’oretta al giorno solo per me, come consigliano tutte le prestigiose riviste di benessere. Ho scoperto la bellezza di uno sport da me sempre disprezzato e reputato inutile, che invece si è rivelato un compagno fedele tutte le volte che andavo a cercarlo, durante questi anni fatti di alti e bassi, di corse rimandate, allenamenti pieni di tensione e nervosismo. La corsa c’era sempre, a ogni ora, tutti i giorni, compresi i weekend e i festivi. La corsa non ti chiede come stai, se sei incazzato, felice, innamorato, perché tanto sa già che dopo averla incontrata starai meglio. Ed è l’unica cosa che conta.
Finalmente qualcuno l’ha scritto: non bere spritz in via Farini con i fighetti di Parma! Ti adoro!
Posso dirti che anch’io ho iniziato alla Cittadella, ma con scarsi risultati. Dopo mesi e mesi non riuscivo ad andare oltre un 10 minuti scarsi di corsa, ci ho rinunciato. Non sono resistente. Per la corsa.