17 aprile 2012
Libri

Le più strepitose cadute della mia vita – Michele Dalai

Ho sempre apprezzato la schiettezza, ma ci sono dei limiti. Che la mia autostima venga affondata da uno che potrebbe aver appena ballato latinoamericano e che sono pure passato a prendere in macchina, questo no.

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Ora vanno le girl band e tutti i migliori creatori di mostri fanno la stessa cosa: gruppi soft porno. Scimmiottano la vecchia pubblicità dello Zafferano 3 Cuochi e la ripropongono in chiave erotica: un’euroasiatica, un’afroamericana e un’asiatica. Mi sono documentato scrupolosamente e ho capito che i prodotti destinati al mercato dei maschi adolescenti sono solo un enorme incitamento alla masturbazione. Anche quelli destinati al mercato dei postadolescenti e degli adulti, in realtà. 

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Mentre la preghiera si arrampica sulle pareti nude della stanza, il pugile più talentuoso del mondo pensa a quanti minuti, ore e giorni ha passato a prendere e dare pugni. Fare bene la sola cosa che si sa fare è un obbligo, saper fare solo quella una prigione.

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Non c’è ironia perché non serve, siamo tutti parte del medesimo grande scherzo, siamo tutti al di sotto delle aspettative e quindi sono le aspettative a sbagliare. 

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I capi non cadono, non si fanno sorreggere, non si fermano. I capi non hanno un corpo mistico e non coltivano culti, quelle sono cose per narcisi e teatranti. Enrico Berlinguer non cade perché già tutto cade intorno a lui, ed è cosciente che non gli è concesso di abbandonare la scena a quel modo. 

 

Milano, 1997. Antonio Flünke cade sempre. Neanche quando dorme è al sicuro dalle sue cadute. Perde l’equilibrio mentre cammina, alla fine del tapis roulant, mentre chiede l’ora ai passanti, addirittura da seduto. Dopo ogni caduta, però, Antonio ride, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Figlio di una bagnina romagnola e di un ex modello tedesco – “il ribaltamento di ogni teoria filosofica sulla Riviera” –, Antonio è un musicista, suona il piano e vorrebbe vivere della sua arte.  Ma alla fine degli anni ’90 l’unica prospettiva di successo sembra quella di creare una boy band e seguire le orme di Take That, Backstreet Boys, Boyzone e dei nostri indimenticabili (?) Ragazzi Italiani. Questa è gente che svolge una funzione socialmente utile, che vende sogni, proiettata nel mondo dell’affidabilità e della sincerità, che “dà delle risposte, anche a domande che nessuno aveva fatto”. Ecco che insieme a Bello, giovane tamarro sudamericano, e a Fede detto “Faith”, l’uomo dalle cadute più strepitose forma una boy band di nome Epica. Secondo il loro manager che non sa fare il manager, JR, sono perfetti per andare a Sanremo, ma non al Festival ufficiale, a quello collaterale, che si terrà di fronte all’Ariston: al contro-festival, insomma. Antonio canta, gli altri due ballano e formano con le braccia ampi cuori in aria. Dovranno “scatenare le fantasie erotiche delle adolescenti al ritmo innocuo di un pezzo di Gianni Morandi”. Una vera impresa epica. La pigrizia e la mancanza di autostima hanno portato Antonio a vivere una situazione grottesca, che crea più imbarazzo che orgoglio. Proprio questa avventura sarà necessaria per rendere Antonio consapevole delle cause della sua instabilità e delle innumerevoli cadute.

Ho riso molto con questo libro. In Le più strepitose cadute della mia vita c’è un’ironia che mi ha ricordato David Sedaris. Per una cresciuta negli anni ’90, che staccava gli adesivi dei Take That dalla copertina di Cioè, tappezzava il muro con i poster dei Backstreet Boys e portava nello zaino il cd dei Five (per poi passare – non si sa come – ad ascoltare NOFX e Millencolin), è stato come ripercorrere un periodo della propria vita. È il romanzo di una generazione, di un decennio che lentamente sta scomparendo dalla nostra memoria. Con tutti i suoi successi e le sue sconfitte. È un romanzo che insegna ad accettare quei successi e quelle sconfitte, a comprendere che certi limiti non vanno oltrepassati, che cadere fa parte del cammino, e che la stabilità e l’equilibrio tanto ricercati si nascondono nelle incertezze e nelle insicurezze più banali.

Michele Dalai, poi, narra magistralmente cadute celebri, perché anche i grandi della Storia si sono ritrovati a inciampare nella vita. Ci ritroviamo di fronte alla caduta di Margaret Thatcher durante la sua visita in Cina, a quella del presidente Ford, del pugile Michael Spinks battuto sul ring da Tyson, di Papa Wojtyla nella residenza vaticana e alla caduta più commovente, straziante e colma di significati di Enrico Berlinguer. Non conoscevo alcune di queste cadute, così ho cercato i video su youtube, perché a volte l’immaginazione non basta.

Leggendo queste pagine scoprirete una Milano che non è cambiata poi molto, una città in cui le commesse del quadrilatero della moda non potranno mai comprare – ma solo vendere –  quei vestiti, in cui designer e giovani stilisti portano occhiali ridicoli per impressionare, ma tanto resteranno per sempre “studenti fuorisede un po’ più vecchi”, in cui ufficiali napoletani a riposo, calabresi al confino e friulani in cerca di gloria allo IED avranno come unico desiderio far parte di quella catena di montaggio che non porterà da nessuna parte.

C’è tantissima musica in questo libro: Backstreet Boys, Spice Girls, Gianni Morandi, Rolling Stones, Scatman John, classica, jazz, rock e punk. A un certo punto, il protagonista dice che in gioventù ha sfondato le porte di sicurezza di un cinema pur di non pagare l’ingresso all’unica data italiana dei Rancid. Ecco, io vorrei sapere se si tratta di un qualche punkettone immaginario o se è da ricondurre a un fatto autobiografico dell’autore. In ogni caso, immensa stima per Michele Dalai.

le più strepitose cadute della mia vita

 

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