“Così, se un assessore si sveglia la mattina e dice che i libri di certi autori vanno tolti dalle biblioteche e dalle scuole della sua provincia, succede che in un paese che ha perso la bussola i giornali pensino che questa sia una notizia da pagina “culturale”. In qualunque altro posto sarebbe cronaca, la cronaca nera di un paese sbandato, capace di scambiare la censura per recensione, la proscrizione per dibattito, la ritorsione per lezione di moralità.
Nel migliore dei casi la notizia finisce dentro un’altra narrazione, quella del caso Battisti, ottenendo di far diventare centrale un’occorrenza che è solo un pretesto. Che sia un pretesto lo evidenzia il fatto che i bibliotecari stanno già subendo – e in qualche caso denunciando – pressioni politiche per togliere dagli scaffali anche autori che con l’appello per Battisti non hanno nulla a che fare. Funziona così. Oggi l’assessore pensa che cinquanta autori siano “cattivi maestri” e “difensori dei terroristi”, e vadano zittiti. Domani un altro in Piemonte penserà magari che Beppino Englaro è diseducativo per i giovani, e va zittito. Poi un altro in Friuli si sveglierà pensando che il tale autore musulmano va levato dalle biblioteche perché la cultura islamica è fondamentalista e contamina l’inclusiva e aperta cultura italiana. E’ così che funziona. Per questo il nome di Battisti è una scusa. Domani sarà il nome di altro. Il mio, il tuo, il vostro, uno per ogni testa di assessore di questo mondo”.
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