Tutti sentivamo la mancanza di un’idea geniale da parte della Lega. Per fortuna la proposta è arrivata ed è anche stata approvata dalla Camera con 265 sì, 246 no e un astenuto. Si tratta di istituire “classi di inserimento” per gli alunni stranieri che non parlano o parlano poco la nostra lingua, in modo da poter frequentare successivamente le classi permanenti. Ma, in genere, una nuova lingua non si apprende più in fretta stando il più possibile a contatto con le persone del luogo? Ecco, quindi, un nuovo elemento che favorirà le discriminazioni e le possibili forme di razzismo: come può avvenire l’integrazione se questi bambini saranno ghettizzati a partire dal sistema scolastico? Come riusciranno a comprendere i nostri usi e costumi, se non avranno modo di confrontarsi con i bambini italiani (ma non apriamo il solito discorso: i bambini di oggi sono tutti maleducai, tutti baby-bulli e simili, quindi, non sarebbe un male che non apprendessero proprio un bel nulla da loro).
Di questo passo verranno create classi in base alle diversità, qualsiasi diversità, e la scuola non sarà più un luogo di unione nè di inserimento all’interno della nostra società. E, poi, in base a che tipo di selezione verranno create queste classi? A mio parere tramite quella naturale, nel senso che basterà vedere un bambino con un altro colore di pelle , per ottenere il massimo punteggio e riempire la “classe dei diversi“. Sinceramente mi domando quanti dei “nostri” ragazzi continuino a sbagliare coniugazioni verbali e a commettere errori di ortografia, nonostante il conferimento dei vari titoli di studio. Ma sono italiani, sono scusati da questi piccoli e inutili dettagli.
Ora, gli studenti avranno un altro motivo, oltre la riforma Gelmini, per contestare questo governo. Si spera.
Ho insegnato in provincia di Bergamo e ho dovuto approfittare delle buone capacità degli alunni “stranieri” per stimolare i ragazzi del posto. Mi dispiace dirlo, ma i ragazzi con maggiori difficoltà nello studio erano figli di leghisti e quelli con scarso senso critico figli di berlusconiani. Quelli di estrema destra, poi, erano capaci di vedere “di colore” qualsiasi persona proveniente da altri paesi, anche se erano più bianchi di loro, per cui non volgio pensare a quali criteri individuerebbero per formare le classi…Non parliamo poi dei limiti per capire culture e problemi di un mondo in cui è in realtà sempre più difficile distinguere confini. Insomma, io credo che alla fine sarebbero gli stessi “italiani” ad autoghettizzarsi e a perdere preziose opportunità per uscire dalla gretta ignoranza.
Insegno Lettere in un liceo scientifico e da anni mi occupo anche di educazione interculturale. Non solo: ho fatto parte di un’equipe di docenti che hanno elaborato un progetto sulla mondialità che comprendeva, oltre ad alcune attività volte a valorizzare il concetto di identità personale degli allievi, letture tratte da autori più o meno recenti, europei ed extracomunitari. Il progetto, durato due anni scolastici, comprendeva anche un Pen Pal Project (scambio epistolare via e-mail) tra i nostri allievi e quelli di una scuola de Il Cairo).
Ho dovuto fare questa premessa non per fare sfoggio di bravura, ma perché chi mi legge sia convinto che io sia una persona particolarmente sensibile nei confronti delle identità altrui, attraverso le quali certamente i nostri studenti sono in grado di comprendere meglio anche la propria, cogliendone le differenze ma anche apprezzando le peculiarità di culture diverse.
Detto ciò, forse sarà impossibile credere che io sia favorevole all’istituzione di classi differenziate per stranieri. Eppure è così, e non sono né leghista né fascista, sono solo un’insegnante che sa cosa vuol dire lavorare con degli stranieri che non conoscono o conoscono assai poco la lingua italiana.
Qualche anno fa mi capitò di avere in una prima una ragazza serba: brava, intelligente, volenterosa, rispettosa … mille qualità, ma un solo difetto: era arrivata solo l’anno precedente in Italia, era stata inserita in una terza media ad anno scolastico già iniziato e conosceva approssimativamente la lingua italiana. In casi come questi, è prevista la presenza di un mediatore culturale che affianca i diversi docenti. Peccato che la mediatrice per la ragazza serba sia arrivata solo alla fine di aprile; peccato che il finanziamento concesso per l’attività coprisse solamente una ventina di ore. Peccato che alla fine la “povera” ragazza sia stata bocciata, nonostante io abbia lottato strenuamente per la sua promozione, mettendole persino il 6 in italiano, visti i progressi fatti (anche perché io le ho praticamente riscritto tutti i temi correggendole gli errori e le ho insegnato a formulare oralmente frasi semplici su concetti chiave). Peccato che Maya abbia dovuto rinunciare ai suoi sogni – voleva fare il medico – e abbia ripiegato su una scuola professionale. Per i miei colleghi questo era il suo destino. Per me no.
Per questo penso, anzi sono sicura, che la mozione della Lega non sia razzista bensì molto realista. Nessuna ghettizzazione, solo un periodo di permanenza in una classe composta da allievi per i quali l’italiano è la L2, perché possano imparare ad esprimersi correttamente nello scritto e nel parlato, ma soprattutto perché possano comprendere le lezioni spiegate in italiano o semplicemente socializzare con i compagni senza sentirsi diversi perché non compresi. Perché questo è il vero trauma per i ragazzini ed è estremamente frustrante per loro vedere i risultati degli altri e sapere di non riuscire a eguagliarli. In una classe separata potrebbero comunque socializzare e soprattutto sentirsi solidali con dei coetanei che si trovano nelle stesse difficoltà. Non avete idea, invece, di quanto certi ragazzini possano essere cattivi nei confronti di chi è più debole. E sto parlando degli italiani non degli stranieri.
Marisa Moles (marisamoles.wordpress.com)
bene, adesso anche questo, un paese sempre più razzista, non ci sono parole.
@ Dario
Dal tuo commento deduco che non hai capito nulla di ciò che intendevo dire nella mia risposta. Forse non hai letto atteneamente ciò che ho scritto o, cosa molto più probabile, hai voluto darvi un’interpretazione personale. Mi dispiace solo che non sia possibile addurre delle argomentazioni con cognizione di causa e si dia più credito a chi nella scuola non opera e si affretta a dare etichette errate ad un provvedimento che vuole solo favorire gli allievi stranieri in un percorso, quello dell’apprendimento, che attualmente è alquanto accidentato per cause che non dipendono dai docenti ma dalle scarse risorse finanziarie che lo Stato mette a disposizione delle scuole per far fronte a questa problematica. In altre parole, la questione è affrontata in modo superficiale e solo dal punto di vista politico.
La scuola per progredire non ha bisogno di scontri politici. Anzi, quelli l’hanno purtroppo solo danneggiata.
Buona giornata
@Vittoria: detto da un insegnante, non può che farmi capire quanto ci avessi visto giusto… la mia paura è che, partendo dalla scuola, si continuino a creare luoghi di distacco sociale (ghetti nelle città, locali, supermercati…). Se davvero vogliamo che questo paese riesca una buona volta a convivere con gli immigrati, dobbiamo puntare sull’integrazione infantile, l’integrazione di quei bambini che un giorno saranno adulti inseriti nella nostra società, con un lavoro e una famiglia ormai italiana a “tutti” gli effetti.
@Marisamoles: apparentemente è una proposta che potrebbe davvero aiutare i piccoli stranieri che non parlano la nostra lingua. Ma, per come stanno andando le cose in Italia, mi sembra solo un modo per allontanarli ulteriormente dalla nostra realtà: è uno specchietto per le allodole, in pratica. Magari l’impatto sarà meno forte, ma ad un certo punto dovranno fare i conti con le classi italiane e le diversità emergerebbero in ogni caso, al di là della lingua. Forse dovremmo essere prima di tutto noi a insegnare le regole di convivenza ai nostri bambini. Grazie per il suo commento e per aver raccontato la storia della ragazzina serba. Queste testimonianze mi aiutano (e spero anche agli altri) a riflettere…
@Dario: di forme di razzismo e di intollerenza sono piene le pagine dei giornali, ora sta arrivando anche in politica: se prima non si interessavano alla questione immigrati, ora mi pare che vogliano proprio lavarsene le mani, evitando di creare punti di contatto con noi italiani.
Da tempo nel mio Circolo Didattico il bambino straniero è valutato in base a test interdisciplinari per poi essere inserito nella classe più rispondente al suo livello di abilità ( e non solo per l’età anagrafica come dice Cota). Gli insegnanti poi predispongono un Piano di Studi Personalizzato che viene svolto sia dai docenti titolari di classe che da altri del plesso, utilizzando le ore di compresenza per attività di recupero linguistico dei bambini stranieri con gruppi di livello a classi aperte. Il bambino straniero, come quello con disturbi specifici di apprendimento ( dislessia, disgrafia, discalculia, ecc…), svolge il suo programma anche durante le attività di lezione frontale. Sicuramente ciò complica l’organizzazione della didattica perché significa riuscire a svolgere attività diversificate e ben programmate. Ma poi cosa significa formare classi per stranieri? I bambini non devono acquisire solo padronanza della lingua italiana, necessaria anche per poter studiare. Devono svolgere anche il programma di matematica…a questo non hanno pensato? Nell’ipotetica classe di scuola primaria per stranieri si svolgerebbe un unico programma di lingua e come sarà gestito un diversificato programma di matematica? Inoltre gli stranieri si rapporterebbero ad un’unica persona di lingua italiana:l’insegnante. Proprio durante le attività ludico -ricreative tutti i bambini hanno occasione di confrontarsi tra loro, di socializzare e imparare la lingua giocando. L’educazione musicale, motoria e all’immagine sono aggreganti. Inoltre, grazie a questi bambini, si promuove di fatto uno scambio interculturale nel rispetto reciproco delle propria identità personale e collettiva. Penso all’abaco cinese, alla conoscenza e confronto di feste,usi e costumi, abitudini alimentari, giochi. Da circa 12 anni ad oggi, ho insegnato ad alunni stranieri di nazionalità diverse:cinese ,ecuadoriana , francese, tedesca, polacca, rumena, marocchina e tunisina. Non bisogna necessariamente conoscere la loro lingua: ci si avvale di semplici dizionari e della capacità di questi bambini ad apprendere abbastanza in fretta la lingua parlata ( la lingua scritta è più complessa, ma per tutti). In questa mozione si parla di “percorsi monodisciplinari e interdisciplinari, attraverso l’elaborazione di un curricolo formativo essenziale, che tenga conto di progetti interculturali, nonché dell’educazione alla legalità e alla cittadinanza”. Sono anni che queste cose sono svolte nelle classi comuni di scuola primaria, garantendo anche qualcosa in più del curricolo formativo essenziale.
Anche i bambini italiani hanno difficoltà di apprendimento di lingua e non solo. Le classi di scuola primaria includono quelli con disturbi specifici di apprendimento ( dislessia, discalculia, disgrafia…), oltre ai diversamente abili senza sottrarli alle classi di appartenenza.
Ogni bambino, italiano e non, ha tempi e stili di apprendimento diversi e per alcuni si attivano metodologie didattiche specifiche, che richiedono un impegno più complesso e gravoso, ma comunque dovuto, dell’insegnante.
Apprendere però non significa solo acquisire le basilari abilità tecniche di saper leggere, scrivere e far di conto , ma implica un processo di crescita globale in cui entrano in gioco fattori cognitivi, emotivi, relazionali ed ambientali. Il bambino può apprendere e sviluppare varie forme d’intelligenza e la creatività anche in base alla pluralità di stimoli che gli vengono dal sentirsi libero e uguale agli altri in un ambiente educativo accogliente, che lui percepisce come esperienza formativa completa. Assicuro che i bambini piccoli non sono disturbati dalla presenza di diversi. Di solito questa percezione è il riflesso di condizionamenti esterni , perché il bambino ha un’identità ancora in formazione che si sviluppa poi pian piano. I bambini in genere ( italiani e non) sono più “rallentati” nel loro apprendimento e processo di crescita da situazioni familiari affettivamente poco stabili, dalle alte aspettative che a volte i genitori riversano sui figli perché siano i più bravi, belli e competitivi senza considerare il loro grado di maturità, dalla mancanza di ascolto, attenzione, cura e rispetto.
La proposta della Lega è una forzatura che serve solo a semplificare la situazione delle classi di scuola primaria per riuscire ad introdurre il maestro prevalente ( con riduzione del tempo scuola e taglio di ore di compresenza.)
Sicuramente nelle scuole secondarie di primo e secondo grado ( medie e superiori, per intenderci) ci sono altre difficoltà organizzative e poche compresenze, e agli alunni è richiesta una padronanza linguistica maggiore e più specifica, cui si potrebbe ovviare con corsi linguistici pomeridiani, con figure di supporto, con gruppi di livello linguistico per alunni di più classi e con l’ elaborazione di piani di studio personalizzati ( come già si fa nel caso di disturbi specifici di apprendimento e disabilità) .Purtroppo sia per mancanza di finanziamenti che di ore di compresenza, i problemi permangono e si crede di poterli risolvere con mozioni del genere che, secondo me, contrastano con l’aspetto formativo dell’apprendimento.
@ skip
Concordo con quanto affermi, nonostante tu non sia favorevole alla proposta della Lega ed io sì. Da insegnante non posso che essere d’accordo sul fatto che con i bambini si debba agire nel modo migliore per salvaguardare il loro benessere e garantire l’apprendimento. A livello didattico, non conosco il mondo delle Primarie ma so che la gestione di questa problematica è migliore (anche con le attuali ore di compresenza). Tuttavia come madre ho avuto delle esperienze negative: i miei figli, inseriti in classi con tre o quattro stranieri, forse per l’incompetenza delle insegnanti (ma non sta a me giudicare) hanno svolto i programmi in modo approssimativo e superficiale. Ciò ha avuto notevoli ripercussioni nel proseguio degli studi.
Credo sia necessario fidarsi un po’ di più di chi ci governa. Non posso che dar ragione alla Gelmini quando dice che la scuola non può e non dev’essere uno stipendificio. I tagli sono necessari e, vista la situazione finanziaria, non possiamo far finta di nulla. Confido nel fatto che, se queste classi ponte ci saranno, possano essere un’opporunità per i bambini e i ragazzi stranieri. Sicuramente la loro permanenza in queste classi speciali non durerà per sempre perché, come tu stessa affermi, i bambini apprendono presto. Lo scambio e la socializzazione con gli altri scolari sarà sempre possibile all’interno della scuola in momenti di ricreazione o nel contesto delle “classi aperte” che certamente non mancheranno.
Insomma, il benessere dei bambini e dei ragazzi dovrebbe essere garantito dallo Stato, ma se esso non può far fronte alle spese, non possiamo osteggiare tutte le proposte di novità.
sono sempre stata fiduciosda nei cambiamentie in tutte le riforme che ci sono state finora, senza farne una questione politica, perchè la scuola va al di là di ogni schieramento e colore politico e di ogni avvicendamento storico,è e deve restare super partes, in quanto fa riferimento a valori , funzioni e responsabilità che coinvolgono tutti e non passano di moda.Ma non condivido questa riforma in quanto per la prima volta è introdotta senza partire da un Progetto Educativo di base supportato da Indicazioni Programmatiche sulla base dei quali si articolava un tempo scuola ad hoc per attuarli. La scuola si basa sull’insegnametno e sull’educazione che si ispirano alla pedagogia e alla psicologia evolutiva…nel decreto Gelmini ho trovato solo motivazioni consistenti in razionalizzazione di risorse e contenimenti di spesa.
Se alcune scuole non hanno funzionato come si dovrebbe, con professionalità, con serietà e senso di responsabilità, spetta a chi di dovere accertarsi del loro funzionamento .In primis i Dirigenti delle singole Istituzioni scolastiche la cui competenza , oltre alla formazione e assegnazione di classi, è anche quella di fare gli orari: spetta a loro far sì che le ore di compresenza siano gestite al meglio, formare gruppi se non vi abbiano provveduto i team docenti e controllarne l’andamento .Esistono anche ispettori scolastici, oggi tanto impegnati a inondarci di circolari e questionari, a fare monitoraggi e statistiche poi pubblicate e pubblicizzate in costosissimi e spesso inutili convegni ( iniziassero a tagliare queste spese. )
La scuola può essere sicuramente migliorata ampliando la formazione dei docenti ( ripristinando una formazione obbligatoria , prima era di 40 ore annue, poi di 100 ogni 3 anni…ora è affidata alla buona volontà del singolo), la loro valutazione , ridandole anche serietà e rigore .Le soluzioni avanzate dalla Gelmini però sono pedagogicamente infondate e si possono ovviare solo facendo in modo che tutte le scuole funzionino come dovrebbero ( e ci sono le scuole che funzionano, ma non sono mai pubblicizzate dai media) e non perchè gli insegnanti siano più bravi, ma semplicemente si mettono in gioco e soprattutto a livello dell’alunno, con senso di responsabilità e del dovere, investendo tempo, disponibilità, energie e competenze cercando di fare al meglio per adempiere più che ad un obbligo contrattuale a quello morale di garantire il diritto dovere allo studio indistintamente a tutti, perchè siamo pagati per questo. Il problema non sono gli stranieri, ma una parte degli insegnanti incapaci di programmare e attuare tutti insieme piani di studio personalizzati, perchè è più semplice e comodo stare arroccati sulla propria cattedra e nel proprio ambito disciplinare aspettando interventi esterni (e ribadisco che per le primarie il problema è facilmente superabile)