9 settembre 2013
Libri

Morte dei Marmi – Fabio Genovesi

Copertina Morte dei Marmi di Fabio Genovesi

Se poi per disgrazia viene fuori che a Forte dei Marmi ci hai pure fatto il liceo, allora davvero ti guardano come se gli dicessi che ti sei laureato a Gardaland.

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Questo non è un paese per vecchi, come diceva un grande romanzo. E nemmeno un paese per poveri, e non è un paese per chi si veste casual. Va a finire che semplicemente non è un paese. 

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Io mi trovo tanto bene un po’ scostato, possibilmente  fuorimano, e più fuorimano della mia Versilia d’inverno ditemi voi cosa c’è.

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Mi sono sempre chiesta come sia vivere in una località di mare. Quelle in cui trascorri le vacanze estive, piene di locali sulla spiaggia, di bar aperti 24 ore su 24, di spiagge affollate e mare cristallino. Com’è il mare di inverno? Io non me lo ricordo più. Ma Fabio Genovesi, sì. Lui vive a Forte dei Marmi. Il Forte delle ville acquistate dai russi, il Forte dei negozi di Prada e Ferragamo, il Forte di quelli che parlano al telefono solo per dire: Ciao, come stai? Io sono a Forte dei Marmi, grazie.

Fabio Genovesi  vive qui, tutto l’anno. Perché, nonostante le grandi metropoli, Milano, Roma, New York, gli eventi e la vita frenetica, ogni persona ha il suo posto, che non è per forza dove sei nato, ma è semplicemente quel posto dove ti senti a posto. Ecco, la Versilia è il posto di Fabio Genovesi. Anche d’inverno. E dire una cosa del genere è abbastanza impegnativo, perché la gente pensa che sia un’altra dimensione, che si vada in giro sempre in costume da bagno e che a scuola si insegnino materie tipo storia dell’abbronzatura, teoria dei gavettoni e cocco bello. Sorpresa: non è così.

L’estate […] era una lunga fuga a testa bassa da noi stessi e da quel che eravamo. Che poi tanto appena finito agosto la realtà ci saltava addosso, in quel momento straziante che gli altri fanno i bagagli e tornano alle loro vite , e tu invece non ti muovi, non parti, non fai niente di niente. Tu non vai da nessuna parte.

Vedi arrivare gli altri. Ogni estate. Come un ciclo continuo. E gli altri sono mezzi vip, nuovi ricchi, miliardari russi. Qui la febbre russa ha travolto tutto e tutti: il magnate di turno è in grado di spendere undicimila e trecento euro per una cena (che uno si domanda come sia possibile bere e mangiare per una cifra simile), comprare venti borse di Gucci in una volta sola, materassi intrecciati con fili d’oro e di platino, comprare l’intero paese.

Ma non c’è solo questo al Forte. Ci sono i ricordi e i posti dell’infanzia. C’è il Pontile da cui guardare i pesci, le meduse, pescare, lasciarsi alle spalle vetrine e lustrini. È il parco giochi della vita di un fortemarmino. Poi ci sono le partite di calcio, il derby contro il Cgc Viareggio, “imperdibile occasione per celebrare il campanilismo più sfrenato, questa nostra tendenza regionale a schifarci e ostacolarci tra vicini di casa, che è provvidenziale perché altrimenti i toscani uniti conquisterebbero il pianeta in due o tre giorni, e allora sai che casino”. C’è la nostalgia, che è il prodotto tipico di Forte dei Marmi, con la perenne sensazione di tornare a quel che è stato e a quel che sei stato. Per questo ci tornano tutti al Forte.

Morte dei Marmi non è un romanzo, né un saggio. È una piccola dichiarazione d’amore ironica – e a volte amara – verso quel luogo che forse non ti tradirà mai, o forse ti ha già tradito, ma tu l’hai perdonato. E Fabio Genovesi l’ha perdonato.

[Adesso, scusate, vado anch’io a cercare il mio posto in cui sentirmi a posto]

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